In questi ultimi mesi, nella trascrizione dei post di questo blog, ho iniziato ad impiegare il termine "Spiritualità Tradizionale Romana" invece di "Religione Tradizionale Romana". Questo perchè la parola "Religione", nella sua accezione moderna, mi sembra del tutto insufficiente a descrivere il più autentico significato della Via Romana al Divino, come sistema che esprime la sintesi dell'intera Tradizione Spirituale Antica.
Esaminando quanto la Tradizione ci ha tramesso a riguardo, si può dire che questo sistema si mostra con gradazioni diverse a secondo della disposizione di chi si avvicina ad esso. Possiamo quindi "accontentarci" di vedere gli Dei e le Dee come "funzioni" cui rivolgere richieste e di cui ricercare il favore. Ecco allora che Marte sarà il Dio della Guerra, Venere la Dea della Bellezza, Minerva la Dea della Sapienza. In questa declinazione allora questo sistema ci appare come una Religione dove gli Dei e le Dee puniscono i malvagi, regalano favori, e via discorrendo.
Se leggiamo le opere dell'Imperatore Giuliano o di Giamblico o di Proclo o di Plotino, in questa prospettiva, non riusciamo a capire di cosa stiano parlando. Appaiono come opere filosofiche totalmente astratte e talvolta anche farneticanti.
Questa è infatti la domanda che bisogna porsi: di cosa stanno parlando questi Maestri? Se ci spingiamo oltre la dimensione religiosa popolare e profana, se ci sforziamo di "comprendere" allora è possibile intuire che gli Dei e le Dee, e tutte le forze che esprimono il Divino, sono lemmi di un complesso vocabolario che descrive una vera e propria forma di "Conoscenza" ovvero di descrizione del Mondo, della Natura, dell'Universo (sia a livello macro che micro). Questo è quello cui ho fatto riferimento quando ad esempio ho recentemente parlato di Mercurio o di Apollo: essi infatti esprimono concetti molto complessi relativi all'Universo (Macro e Micro).
Se leggiamo le opere dell'Imperatore Giuliano o di Giamblico o di Proclo o di Plotino, in questa prospettiva, non riusciamo a capire di cosa stiano parlando. Appaiono come opere filosofiche totalmente astratte e talvolta anche farneticanti.
Questa è infatti la domanda che bisogna porsi: di cosa stanno parlando questi Maestri? Se ci spingiamo oltre la dimensione religiosa popolare e profana, se ci sforziamo di "comprendere" allora è possibile intuire che gli Dei e le Dee, e tutte le forze che esprimono il Divino, sono lemmi di un complesso vocabolario che descrive una vera e propria forma di "Conoscenza" ovvero di descrizione del Mondo, della Natura, dell'Universo (sia a livello macro che micro). Questo è quello cui ho fatto riferimento quando ad esempio ho recentemente parlato di Mercurio o di Apollo: essi infatti esprimono concetti molto complessi relativi all'Universo (Macro e Micro).
In un certo senso ci troviamo di fronte ad un approccio parallelo e complementare a quello scientifico. La Scienza moderna è uno "strumento di lettura" che con le sue teorie, formule e leggi fornisce una descrizione fenomenica dell'Universo. Ma la Scienza non è una chiave univoca e non è l'unica chiave di lettura possibile. La geometria euclidea ad esempio è una delle possibili "geometrie": e queste "geometrie altre" forniscono chiavi scientifiche di lettura molto diverse, ma non per questo meno valide. Basta modificare alcuni principi di base e la descrizione scientifica della Natura e del Mondo possono mutare completamente. Non bisogna dimenticare poi che la Scienza si muove solo nella dimensione dei fenomeni fisici: ci descrive come funziona la Natura, ma non ci dice nulla su cosa sia la Natura.
E' su questo spostamento di livello che può intervenire questa ulteriore forma di Conoscenza ed è possibile vedere il Mondo con occhi completamente diversi: è come indossare degli occhiali che permettono di correggere una forma grave di miopia. La realtà che mi circonda è sempre la medesima: la posso osservare secondo una prospettiva esclusivamente scientifica, tecnica o tecnologica, ma la posso "mettere a fuoco" anche attraverso una prospettiva visuale differente. Insomma stiamo parlando della stessa cosa ma in due lingue diverse.
Vesta, Giove, Giunone, Apollo, Mercurio, attraverso le loro qualità, mi parlano di qualcosa di estremamente complesso come chiave di lettura, forma di comprensione e di possibile interpretazione e traduzione del Mondo.
La Conoscenza che ci viene offerta dalla Via Romana non si fonda però su dimostrazioni logiche (in questi termini viene spesso considerata come una "non-conoscenza"), ma attraverso esperienze trascendenti, che magari possono condurre a conclusioni simili o analoghe a quelle fornite dalla Scienza. Non c'è conflitto fra le due prospettive, ma integrazione. Basta pensare a figure come Pitagora o la filosofa Ipazia che non separavano le due dimensioni ma le integravano come visioni complementari di questo Grande Tutto.
E' importante sottolineare il concetto di "esperienza" perchè la Spiritualità Tradizionale Romana, essendo una "pratica", fornisce una Conoscenza risultante dall'esperienza diretta e personale: in essa non c'è spazio per la fede, per le credenza o per le opinioni in senso profano così come non è pensabile ricorrere al raziocinio o al ragionamento in questa Via alla Conoscenza. Qui ci si muove lungo un piano completamente differente. Non ci sono preghiere, non c'è la meditazione profana, nono ci sono espressioni di devozione passionale, emotiva e sentimentale. Abbiamo abbandonato la dimensione della Religione.
E' importante sottolineare il concetto di "esperienza" perchè la Spiritualità Tradizionale Romana, essendo una "pratica", fornisce una Conoscenza risultante dall'esperienza diretta e personale: in essa non c'è spazio per la fede, per le credenza o per le opinioni in senso profano così come non è pensabile ricorrere al raziocinio o al ragionamento in questa Via alla Conoscenza. Qui ci si muove lungo un piano completamente differente. Non ci sono preghiere, non c'è la meditazione profana, nono ci sono espressioni di devozione passionale, emotiva e sentimentale. Abbiamo abbandonato la dimensione della Religione.
Si tratta di una forma di conoscenza che passa attraverso la Contemplazione ovvero il collegamento diretto con il Divino. Contemplare significa costruire nella propria interiorità (attraverso l'otium ovvero la cessazione di ogni azione e di ogni pensiero) il Tempio come spazio Sacro di identificazione con il Divino. In questo senso si comprende l'idea di Plotino secondo cui "bisogna imitare gli Dei e le Dee": conoscere è essere, diventare un unico senza differenza. Non possiamo seguire un Dio senza "diventare quel Dio".
Il Cultor e la Cultrix sono quindi "coloro che vedono" con un'esperienza diretta del Divino, senza dogmi, senza teorie, senza filosofie: senza "conoscenza" (in senso convenzionale).
Tutto questo richiede applicazione e sforzo continui: è necessaria una grande disciplina, come forma di apprendimento perchè per "conoscere" (in questo nuovo significato) è indispensabile "cambiare sè stessi". Questo cambiamento è l'essenza principale della via Romana alla Spiritualità: ciò spiega perchè essa sia essenzialmente una Pratica, in quanto sistema etico (con comportamenti quotidiani in ciascun istante della propria vita) che dà un'impronta profonda all'esistenza stessa.
La Spiritualità Tradizionale Romana è pertanto un'esperienza che deve essere vissuta intimamente ancor prima di essere una serie di norme, regole e cerimoniali. Se così non fosse basterebbe uno studio approfondito per padroneggiarla: così si acquisisce però solo erudizione che non fornisce alcun aiuto e spesso lascia insoddisfatti, contraddittori e irrisolti molti aspetti della Spiritualità Romana. Questo cambiamento interiore provoca una vera e propria traslazione nei significati, nei concetti, nei principi: non è più una questione di archeologia, letteratura, filologia, filosofia o storia perchè ci si è spostati su un piano completamente diverso, un livello "vivente".
Se non si è iniziato questo processo di cambiamento interiore, non solo si farà erudizione ma si rischia di scadere nel folclore, spesso anche ridicolo. I riti acquistano valore (con un fine strumentale) nel momento in cui aiutano a "conoscere" davvero, aiutano a "trasformare sè stessi", fanno parte del metodo. E quando si riconnettono i riti al loro ruolo originario, di essi ne capiamo il senso e lo scopo: dalla danza degli Arvali all'accensione del Fuoco di Vesta con i raggi del Sole.
Tutto questo richiede applicazione e sforzo continui: è necessaria una grande disciplina, come forma di apprendimento perchè per "conoscere" (in questo nuovo significato) è indispensabile "cambiare sè stessi". Questo cambiamento è l'essenza principale della via Romana alla Spiritualità: ciò spiega perchè essa sia essenzialmente una Pratica, in quanto sistema etico (con comportamenti quotidiani in ciascun istante della propria vita) che dà un'impronta profonda all'esistenza stessa.
La Spiritualità Tradizionale Romana è pertanto un'esperienza che deve essere vissuta intimamente ancor prima di essere una serie di norme, regole e cerimoniali. Se così non fosse basterebbe uno studio approfondito per padroneggiarla: così si acquisisce però solo erudizione che non fornisce alcun aiuto e spesso lascia insoddisfatti, contraddittori e irrisolti molti aspetti della Spiritualità Romana. Questo cambiamento interiore provoca una vera e propria traslazione nei significati, nei concetti, nei principi: non è più una questione di archeologia, letteratura, filologia, filosofia o storia perchè ci si è spostati su un piano completamente diverso, un livello "vivente".
Se non si è iniziato questo processo di cambiamento interiore, non solo si farà erudizione ma si rischia di scadere nel folclore, spesso anche ridicolo. I riti acquistano valore (con un fine strumentale) nel momento in cui aiutano a "conoscere" davvero, aiutano a "trasformare sè stessi", fanno parte del metodo. E quando si riconnettono i riti al loro ruolo originario, di essi ne capiamo il senso e lo scopo: dalla danza degli Arvali all'accensione del Fuoco di Vesta con i raggi del Sole.
Di tutto questo personalmente sto iniziando ora a capire (afferrare) piccolissimi brandelli: mi muovo nel buio intravedendo piccoli bagliori e molto ancora mi sfugge. Anche in questo mi vengono alla mente l'immagine di Mercurio ed Apollo: buio, luce, pensieri sfuggevoli...
E' appunto una Via, un percorso di cui la destinazione finale non rappresenta di certo l'aspetto più rilevante.
E' appunto una Via, un percorso di cui la destinazione finale non rappresenta di certo l'aspetto più rilevante.
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