Il cibo e l'alimentazione nella Religione Tradizionale Romana svolgono un ruolo molto particolare. Purtroppo l'immagine che ci è giunta del rapporto degli antichi con il cibo è stata totalmente deformata dalla propaganda diffamatoria delle nuove religioni che si sono imposte nel tempo.
D'altro canto gli stessi Antichi ironizzavano su come mangiassero senza limiti e senza decenza soprattutto i liberti (spesso di religione cristiana): un caso su tutti la famosa Cena di Trimalcione descritta nel Satyricon di Petronio.
In realtà i Romani mangiavano piuttosto poco ed in modo molto semplice e su questa tradizione si fondano anche le nostre abitudini attuali.
La dieta si fondava su tre pasti piuttosto frugali:
il jentaculum (la colazione)
il prandium (il pranzo)
la cena
Gli elementi base erano quasi sempre verdure (legumi, cavoli, verdura fresca), formaggio, poca carne, pane e focacce, vino.
Dei tre pasti alla fine solo la cena era un pasto vero e proprio.
Oggi i nostri pasti si orientano alla stessa filosofia: frugalità ed equilibrio.
Il consumo della carne in particolare deve essere molto regolato: la carne non può essere mai mangiata cruda. In alcuni giorni del calendario poi non è possibile mangiare carne (vedere il calendario e le relative festività). L'alimentazione è anche fissata infatti da alcune festività del calendario dove è segnalato cosa, come e quando mangiare. Allo stesso modo una dieta totalmente vegetariana non rientra nei canoni tradizionali.
Il rapporto con la carne. secondo la tradizione, è quindi molto particolare anche in considerazione del principio "dalla morte, la vita": nel momento del sacrificio il sacrificante pronunciava la parola "Macte" ovvero "accresciti".
Gli uomini, secondo la tradizione, occupano un ruolo ben preciso nell'ordine della Natura, come ricorda del resto il mito Prometeico: gli uomini non sono bestie feroci (no all'eccesso smodato di consumo di carne e mai cruda) e del resto non sono nemmeno degli erbivori. La moderazione, la frugalità e l'equilibrio devono sempre quindi ispirare la dieta.
Ingozzarsi di cibo e di alcool tassativamente non rientra quindi nella Religione Tradizionale Romana anche perchè è una violazione del principio di dignitas e gravitas cui si deve ispirare ogni pater e mater familias.
I pasti sono poi il momento in cui la famiglia si riunisce: per questo rivestono sempre una funzione sacrale. Il pasto è sacro a Vesta che siede sempre vicino al focolare domestico o al luogo in cui si preparano i pasti.
D'altro canto gli stessi Antichi ironizzavano su come mangiassero senza limiti e senza decenza soprattutto i liberti (spesso di religione cristiana): un caso su tutti la famosa Cena di Trimalcione descritta nel Satyricon di Petronio.
In realtà i Romani mangiavano piuttosto poco ed in modo molto semplice e su questa tradizione si fondano anche le nostre abitudini attuali.
La dieta si fondava su tre pasti piuttosto frugali:
il jentaculum (la colazione)
il prandium (il pranzo)
la cena
Gli elementi base erano quasi sempre verdure (legumi, cavoli, verdura fresca), formaggio, poca carne, pane e focacce, vino.
Dei tre pasti alla fine solo la cena era un pasto vero e proprio.
Oggi i nostri pasti si orientano alla stessa filosofia: frugalità ed equilibrio.
Il consumo della carne in particolare deve essere molto regolato: la carne non può essere mai mangiata cruda. In alcuni giorni del calendario poi non è possibile mangiare carne (vedere il calendario e le relative festività). L'alimentazione è anche fissata infatti da alcune festività del calendario dove è segnalato cosa, come e quando mangiare. Allo stesso modo una dieta totalmente vegetariana non rientra nei canoni tradizionali.
Il rapporto con la carne. secondo la tradizione, è quindi molto particolare anche in considerazione del principio "dalla morte, la vita": nel momento del sacrificio il sacrificante pronunciava la parola "Macte" ovvero "accresciti".
Gli uomini, secondo la tradizione, occupano un ruolo ben preciso nell'ordine della Natura, come ricorda del resto il mito Prometeico: gli uomini non sono bestie feroci (no all'eccesso smodato di consumo di carne e mai cruda) e del resto non sono nemmeno degli erbivori. La moderazione, la frugalità e l'equilibrio devono sempre quindi ispirare la dieta.
Ingozzarsi di cibo e di alcool tassativamente non rientra quindi nella Religione Tradizionale Romana anche perchè è una violazione del principio di dignitas e gravitas cui si deve ispirare ogni pater e mater familias.
I pasti sono poi il momento in cui la famiglia si riunisce: per questo rivestono sempre una funzione sacrale. Il pasto è sacro a Vesta che siede sempre vicino al focolare domestico o al luogo in cui si preparano i pasti.
5 commenti:
Ma quali sono le feste in cui non si deve mangiare carne? Se è scritto da qualche altra parte scusa la disattenzione.
In linea generale i giorni dell'anno in cui non si dovrebbe mangiare carne sono quelli sacri alle Grandi Dee o alle Dee Madri (Cibele, Mater Matuta, Cerere, Libera, Giunone, ecc...). Questo in linea generale perchè ad esempio anche nel giorno dedicato alla Dea Dia (Divalia 21 dicembre)non si mangia carne. Lo stesso vale nei giorni dedicati alle Grandi Madri Antiche come Feronia, Orcla, ecc... che (spesso cambiando nome da regione a regione) sono anche legate a luoghi specifici (non urbani)
Appena potrò cercherò comunque di sistematizzare questo specifico argomento in un modo più organico. Per questo ti ringrazio del suggerimento e dello spunto.
Grazie, quindi mi è andata bene che il sellisternium fatto per la Bona Dea era vegetariano.
Grazie, quindi mi è andata bene che il sellisternium per la Bona Dea l'ho fatto vegetariano.
Cara amica,
credo, come mi conferma il tuo messaggio, che il buon senso sia sempre il principio ispiratore ideale. Quando si fa riferimento alla moderazione, alla frugalità e al buon senso è difficile sbagliare. La frugalità in particolare è uno dei cinque voti della Religione Tradizionale Romana.
Soprattutto nel rapporto con il cibo, che una "cultura" dell'opulenza e dello spreco hanno reso totalmente innaturale, dobbiamo appunto recuperare la frugalità ed il buon senso. In questo modo il mos maiurum ci può aiutare a non farci mangiare dal cibo ed ad evitare una obesità fisica e mentale.
Le persone non sono in pace con gli Dei e con le Dee e questo traspare anche dal rapporto con il cibo, che è un rapporto complesso legato sempre alla Natura (vegetale e animale).
Anche a tavola quindi dobbiamo tornare a ricostruire una pace con gli Dei e le Dee: questo è il senso del calendario sacro.
Vale in Pace Deourm
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