Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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lunedì 8 aprile 2013

Culto Interiore, Culto Esteriore

Ho deciso di scrivere questo post sul tema del "Culto" stimolato dalle discussioni presenti in materia su molti blog e forum ed, in particolare, sui "toni" riguardo alle modalità di approcciarsi al Divino secondo la Tradizione Romana presenti nei siti di alcune associazioni "neo-pagane" italiane.

La parola "Culto" e tutto il suo significato derivano dal concetto "ColereDeos/Deas", un concetto talmente complesso per il quale oggi non abbiamo più nemmeno le parole corrette per esprimerne il più intimo significato. Dobbiamo ricorrere a dei simboli, a delle immagini verbali (talora di forte natura poetica) per tentare di descriverne il senso. 

Ovviamente non è questa la sede per approfondire il concetto "Colere Deos/Deas". Rimane però il fatto che il Culto (come concetto consequenziale) non è un "modo", non è un "mezzo": il Culto è e resta una "pratica". 

Questo differenzia il Culto dalla preghiera profana e convenzionale: con il Culto non si chiede l'appagamento di alcun desiderio, non si chiede nulla, non si supplica nessuno.

Tuttavia soprattutto molte associazioni a forte matrice ricostruzionista individuano il culto ed i relativi riti sulla base di istruzioni dettagliate. Si arriva talvolta a tali livelli di rigore formale da escludere coloro che non si adeguano alla lettera a queste regole. 

Questo vuol dire dare un'importanza esagerata alla forma esteriore del culto: si tende a dimenticare l'essenziale presente nel culto e nei suoi riti. 

Ritengo che fondare il proprio culto sul seguire fedelmente e pedissequamente una struttura di regole rigide sia un grande errore. Allo stesso modo penso che un approccio del genere dimostri che lo spirito più autentico del Culto Tradizionale Romano sia stato smarrito o quanto meno frainteso. 

E' evidente che attenersi alle indicazioni che costituiscono la struttura di un culto sono importanti proprio perchè individuano questo culto come una "Via". Queste indicazioni restano certamente essenziali perchè sono la nostra bussola per orientarci e le ritroviamo nei nostri riti e nelle modalità con le quali "riconosciamo" le divinità presenti nel Mondo. E' quindi importante attribuire una giusta importanza al "Culto Esteriore" che si materializza in questi riti. 

E' indispensabile tuttavia non dimenticare che esiste un culto che emerge al di fuori dei riti "formali", un culto che appare nella quotidianità. Consumare i pasti, le nostre relazioni familiari, i nostri rapporti sociali, le modalità con cui esprimiamo i nostri doveri civili e politici, il modo con cui ci relazionamo con l'ambiente naturale, tutto questo fa anch'esso parte del culto. E' bene non dimenticarlo. Ed è nella quotidianità che emerge il "Culto Interiore".

La Religione Tradizionale Romana ripudia la violenza, l'intolleranza, il fanatismo, la discriminazione. Sono queste tutte espressioni delle più pericolose debolezze dello spirito: l'avidità e l'ira. Non è possibile praticare questa "Via" senza la necessaria "sincerità": magari si giocherà a fare gli antichi romani, ma non si starà "praticando" il Culto.

Quando disponiamo di una Fides profonda, di una consapevolezza lucida e di una forza tranquilla che ci ispira, allora il nostro Culto Interiore riempierà anche tutte le attività che solo apparentemente non hanno una relazione con i riti convenzionali. Non è una questione di fede: si tratta di smettere di distinguere fra i riti formali e attività quotidiane. Tutta la nostra esistenza diventa una liturgia.

E' un saldo Culto Interiore che dà senso e valore ai rituali formali che pratichiamo, così come a tutti i piccoli e grandi gesti della nostra vita quotidiana. Come ebbi a scrivere ad un Cultor, il primo Lararium che dobbiamo realizzare, lo dobbiamo costruire nel nostro cuore, altrimenti saremo sempre fermi ad un livello folcloristico.

Per fare questo non servono morbosità devozionali, suggestioni, mortificazioni varie: bisogna fare in modo che, con un onestà e sincerità d'animo, la nostra voce interiore si possa  finalmente udire e armonizzare con le parole degli Dei e delle Dee nel silenzio della pace interiore. Questa pace e immobilità interiore, questo stato di quiete, che è alla base stessa del Culto Interiore, è un'esperienza specifica che varia da persona a persona e ha la forza di dirigere l'azione individuale. Realizzare tutto questo è molto difficile: risvegliare il proprio Culto Interiore non è un'impresa agevole e non si impara dai libri. Ci vuole molta perseveranza e il sostegno di un magister.

 L'importante è, sia nei rituali che nella quotidianità, cercare di stabilire una condizione di "pace" in qualsiasi condizione ci si trovi. E' sicuramente un buon inizio.

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