Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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giovedì 22 ottobre 2015

Grapevine and Wine

The month of October, dedicated to Pomona, is a period full of farming and harvesting activities. This is the reason why Pomona and Vertumnus are the reference of this sacred moment during which the gifts that nature offers us can be harvested. Life itself is a gift that given to us by Nature, destined to return to Nature.

Among the various agricultural harvesting activities in this period, it must highlighted the grapevine harvestof. I would like therefore to spend few considerations on grapevine and wine, not in botanical or technical terms, but in the symbolic and agricultural meaning (in the most sacred of this term).

The grapevine is a plant "full" of the Dionysius-Bacchos energy: a crown of intertwined vines  is a symbol of Dionysus. Its sister plant is the 'ivy. The Grape symbolizes Abundance - in the broadest sense possible: immortality for the Gods and Goddesses, health for mortals.

The grapevine, however, is primarily the "plant of Rhea", the Great Mother, whose statues are made ​​with grapevine wood. The presence of columns made ​​of grapevine wood or spiral columns are symbols of the Great Mother Rhea, generating and feeding Goddess (Alma Mater). To the Great Mother Rhea are sacred those plants with leaves with five peaks, thus including the grapevine: these leaves symbolize the "green hand": on each toe, finger or the leaf, there is a letter, the initial the name of the five Deae Matronae, declinations of the attributes of Rhea.

The vine therefore symbolizes generation, nurturing, the immortality of the cycles of nature, the feminine energy and force of Nature. Anyone who knows this plant knows how much strength and energy may be contained in the vine. The vine ("Curved Queen") symbolizes the feminine serpentine force, unraveling like a snake around an axis. This relationship is described by the dependence of the vine from the elm (tutor).

Wine triggers the "orgiastic power," the release of the irrational and the unconscious, temporary madness, liberation from the bonds of "normality": these are elements connected to the Dionysian sphere. All the myths related to Dionysus see the symbolic presence of the vine, grapes and wine and the whole cycle of the vine and wine in turn represent the same myth of this God. The cultivation of grapes and wine production is a divine gift: the wine is not just a drink, but it is a "living creature", bubbling, fermenting, that "lives even in winter", symbolizing the blood of Dionysus, in a continuos transformation. Wine is also the blood, the lymph of the Earth's depths: this condition links wine to the underworld of the Dead.

Wine rouses the erotic sphere (Venus): in the botanical geography of the hand, the vine is located at the base of the thumb.

Wine can become a mean of communication with the Gods and Goddesses both in oracular - through the delirium caused by drunkenness - and in symbolic terms because it represents the blood, conveying the generating energy: a gift given to us we must that we must return. For this wine is a central element of libatio as fundamental form of sacrifice.

In the Hortus Arvalis, the vine, plant rich of energy, is located in the flowerbed of Mars.

La Vite ed il Vino

Il mese di ottobre, dedicato a Pomona, è un periodo ricco di attività agricole e di raccolta. Per questo Pomona e Vertumno sono il riferimento sacro di questo momento i cui si raccolgono i doni che la Natura ci offre. Se ci si pensa bene, la vita stessa è un dono che ci viene concesso dalla Natura e che ad essa è destinato a tornare.

Fra le varie attività di raccolta agricola, in questo periodo va segnalata la vendemmia: è forse utile allora spendere qualche riflessione sulla vite e sul vino ovviamente non in termini botanici o tecnici, ma simbolici e agricoli nel senso più sacro di questo termine.

La vite è una pianta "piena" della forza di Dionisio-Bacchos: una corona di tralci di vite intrecciati è simbolo di Dioniso. La sua pianta sorella è l'edera. L'Uva simboleggia l'Abbondanza - nel senso più ampio possibile: immortalità per gli Dei e le Dee, salute per i mortali.

La Vite però è prima di tutto la "pianta di Rea, la Grande Madre, i cui simulacri sono realizzati con legno di vite. La presenza di colonne fatte in legno di vite o colonne tortili sono un riferimento alla Grande Madre Rea, generatrice e nutrice (Alma Mater). Alla Grande Madre Rea sono sacre tutte le piante con foglie a cinque punte, tra cui appunto la vite, che simboleggiano la "mano": su ogni punta, o dito della foglia, è presente una lettera, l'iniziale del nome delle cinque Deae Matronae, declinazioni degli attributi di Rea.

La vite quindi simboleggia la generazione, il nutrimento, l'immortalità dei cicli della Natura, l'energia e la forza femminile della Natura. Chiunque conosce questa pianta sa bene quanta forza ed energia possa essere contenuta nella vite. La vite ("Regina Curva") simboleggia la forza serpentina femminile, che si dipana come un serpente intorno ad un asse. Questo rapporto è descritto dalla dipendenza della vite dall'olmo (tutor).

Il Vino scatena la "forza orgiastica", il liberarsi dell'irrazionale e dell'incoscio, la follia temporanea, la liberazione dai vincoli della "normalità": questi sono elementi che fanno riferimento alla sfera dionisiaca. Tutti i miti connessi a Dioniso vedono la presenza simbolica della vite, dell'uva e del vino e tutto il ciclo della vite e del vino rappresentano a loro volta lo stesso mito del Dio. La coltivazione della vite e la produzione del vino sono un dono divino: il vino non è una semplice bevanda, ma è una "creatura viva" che ribolle, che fermenta, che "vive anche in inverno", che simboleggia il sangue dionisiaco, che si trasforma. Il vino è anche il sangue, la linfa delle profondità della Terra e ciò lo lega anche al mondo dei Morti.

Il vino libera la sfera erotica (Venere): nella geografia botanica della mano, la vite si trova alla base del pollice. 

Il vino può divenire mezzo di comunicazione con gli Dei e le Dee sia oracolare tramite il delirio provocato dall'ebbrezza sia simbolico perchè rappresenta il sangue, vettore dell'energia generatrice che viene donata e che bisogna restituire. Per questo il vino è un elemento centrale della libatio, come forma fondamentale di sacrificio.

Nell'Hortus Arvale la vite, pianta piena di energia, è collocata nell'aiuola di Marte.

martedì 27 maggio 2014

Precatio Terrae Matris

We are about to undertake the great agricultural activities. For this reason I include this Precatio Terrae Matris as extremely important invocation also for the Arval Sisters and Brothers. It is important to remind this Precatio when we are approacing our agricultural and gardening works as spiritual and religious practice and Via as well as to keep us in a state of continuos awareness.






Dea sancta Tellus, rerum naturae parens,
quae cuncta generas et regeneras indidem,
quod sola praestas gentibus vitalia,
caeli ac maris diva arbitra rerumque omnium,
per quam silet natura et somnos concipit,
itemque lucem reparas et noctem fugas:
tu Ditis umbras tegis et immensum chaos
ventosque et imbres tempestatesque attines
et, cum libet, dimittis et misces freta
fugasque soles et procellas concitas,
itemque, cum vis, hilarem promittis diem.
tu alimenta vitae tribuis perpetua fide,
et, cum recesserit anima, in tete refugimus:
ita, quicquid tribuis, in te cuncta recidunt.
merito vocaris Magna tu Mater deum,
pietate quia vicisti divom numina;
tuque illa vera es gentium et divom parens,
sine qua nil maturatur nec nasci potest:
tu es Magna tuque divom regina es, dea.
te, diva, adoro tuumque ego numen invoco,
facilisque praestes hoc mihi quod te rogo;
referamque grates, diva, tibi merita fide.
exaudi me, quaeso, et fave coeptis meis;
hoc quod peto a te, diva, mihi praesta volens.
herbas, quascumque generat maiestas tua,
salutis causa tribuis cunctis gentibus:
hanc nunc mihi permittas medicinam tuam.
veniat medicina cum tuis virtutibus:
quidque ex his fecero, habeat eventum bonum,
cuique easdem dedero quique easdem a me acceperint,
sanos eos praestes. denique nunc, diva, hoc mihi
maiestas praestet tua, quod te supplex rogo. 


Goddess revered, O Earth, of all nature Mother, 
engendering all things and re-engendering them from the same womb, 
because thou only dost supply each species with living force, 
thou divine controller of sky and sea and of all things, 
through thee is nature hushed and lays hold on sleep, 
and thou likewise renewest the day and dost banish night. 
Thou coverest Pluto's shades and chaos immeasurable: winds, rains and tempests 
thou dost detain, and, at thy will, let loose, and so convulse the sea, 
banishing sunshine, stirring gales to fury, 
and likewise, when thou wilt, thou speedest forth the joyous day. 
Thou dost bestow life's nourishment with never-failing faithfulness, 
and, when our breath has gone, in thee we find our refuge: 
so, whatsoe'er thou bestowest, all falls back to thee. 
Deservedly art thou called Mighty Mother of Gods, 
since in duteous service thou hast surpassed the divinities of heaven, 
 and thou art that true parent of living species and of gods, 
without which nothing is ripened or can be born. 
Thou art the Mighty Being and thou art queen of divinities, O Goddess. 
Thee, divine one, I adore and thy godhead I invoke: 
graciously vouchsafe me this which I ask of thee: 
and with due fealty, Goddess, I will repay thee thanks. 
Give ear to me, I pray, and favour my undertakings: 
this which I seek of thee, Goddess, vouchsafe to me willingly. 
All herbs soever which thy majesty engendereth, for health's sake 
thou bestowest upon every race: 
entrust to me now this healing virtue of thine: 
let healing come with thy powers: 
whate'er I do in consonance therewith, let it have favourable issue:
to whomso I give those same powers or whoso shall receive the same from me, 
all such do thou make whole. 
Finally now, O Goddess, let thy majesty vouchsafe to me what I ask of thee in prayer. 

Precatio Terrae Matris

In occasione dell'avvio dei grandi lavori agricoli in campagna, accludo in questo post questa Precatio Terrae Matris, invocazione importantissima anche per i Fratelli e le Sorelle Arvali. Ricordiamola ogni volta che ci apprestiamo a "coltivare la Terra" come pratica religiosa e spirituale, come Via, e come percorso interiore per mantenere sempre viva la nostra consapevolezza.









Dea sancta Tellus, rerum naturae parens,
quae cuncta generas et regeneras indidem,
quod sola praestas gentibus vitalia,
caeli ac maris diva arbitra rerumque omnium,
per quam silet natura et somnos concipit,
itemque lucem reparas et noctem fugas:
tu Ditis umbras tegis et immensum chaos
ventosque et imbres tempestatesque attines
et, cum libet, dimittis et misces freta
fugasque soles et procellas concitas,
itemque, cum vis, hilarem promittis diem.
tu alimenta vitae tribuis perpetua fide,
et, cum recesserit anima, in tete refugimus:
ita, quicquid tribuis, in te cuncta recidunt.
merito vocaris Magna tu Mater deum,
pietate quia vicisti divom numina;
tuque illa vera es gentium et divom parens,
sine qua nil maturatur nec nasci potest:
tu es Magna tuque divom regina es, dea.
te, diva, adoro tuumque ego numen invoco,
facilisque praestes hoc mihi quod te rogo;
referamque grates, diva, tibi merita fide.
exaudi me, quaeso, et fave coeptis meis;
hoc quod peto a te, diva, mihi praesta volens.
herbas, quascumque generat maiestas tua,
salutis causa tribuis cunctis gentibus:
hanc nunc mihi permittas medicinam tuam.
veniat medicina cum tuis virtutibus:
quidque ex his fecero, habeat eventum bonum,
cuique easdem dedero quique easdem a me acceperint,
sanos eos praestes. denique nunc, diva, hoc mihi
maiestas praestet tua, quod te supplex rogo. 





“Santa Dea Terra, madre della natura,
che da sempre generi e rigeneri tutte le cose;
perchè tu sola proteggi i viventi,
e perciò arbitra del cielo, del mare e di tutto;
per te tace la natura e dorme,
tu rinnovi la luce e fai fuggire la notte:
tu copri l’ombre di Dite e l’immenso caos;
e freni i venti e le piogge, e le tempeste,
e, quando vuoi, plachi ed agiti le acque
e fughi il sole e susciti le tempeste
e, quando vuoi, fai apparire il lieto giorno.

Con perpetua fede porgi alimenti alla vita,
e, quando l’anima si sarà allontanata, in te è il nostro rifugio:
così tutto ciò che dai, in te ricade.
Giustamente sei chiamata la Grande Mater degli dei,
perché vincesti in amore le potenze divine.
 

Tu sei veramente Mater dei viventi e degli dei;
senza te nulla può maturarsi e giungere al nascimento;
tu sei grande, tu sei regina e dea degli dei.
Te, o dea, adoro e invoco la tua potenza;
benigna concedimi ciò che ti chiedo,
e ti renderò giuste grazie, o dea.
Esaudiscimi, come tu soli, ti prego, e sii propizia ai miei compiti;
ciò che ti prego, o dea, voglimi concedere.
 

 I Semplici, quanti ne genera la tua grandezza,
tu li dai, per la loro salute, a tutte le genti:
questo tuo rimedio ora tu accordami;
venga a medicare con le sue virtù.
 

 Qualunque cosa farò con essi, abbia buon esito;
a chiunque li darò, chiunque da me li riceverà,
falli sani in ogni tempo.
T’imploro, o Dea, che a me
la tua grandezza conceda ciò che supplice ti chiedo.”

lunedì 12 novembre 2012

Colere Deos/Deas

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One of the most important term in the Traditional Roman Religion is the verb colere (to cultivate) from which derives the expression: Colere Deos/Deas. It resumes a particular feeling and a way of living still very shared among the modern Cultores. Not accidentally, terms like cultura (culture) and cultus (cult) derive from this verb.

Cultores do not "pray" in conventional terms: Gods/Goddesses must be "cultivated". Colere actually describes also the act of farming, taking care of a field according to the inner Nature’s laws (agri-culture). Cultivating a field and cultivating Gods/Goddesses state an active relation of taking care with a spiritual disposition and concrete actions inspired by the perception of the immutable laws on the Nature and the Universe.

Colere Deos/Deas, Colere Agros describe the same modality to approach the Divine Sphere which coincides with the modality to approach Nature based on “respect” evidencing our limits and our right place in the natural order.

Colere Deos/Deas is firstly a spiritual attitude involving a constant personal commitment through the practice of Virtus and Pietas, fundamental principles to undertake the Roman Via and to maintain its course. This attitude can be materialized in rituals and ceremonies but above all it presupposes the adoption of some basic values. For example Fides, describing the reciprocal religious duties between mankind and Deities and among humans, is embedded in loyalty, honesty, fairness in actions and expressions. Constantia, the coherence and firmness in principles and purposes, appears in everyday life through the firmness and perseverance in behaviours. Gravitas, a peaceful and sound force deriving from personal ethic values, can be manifested by dignity and composure in actions and expressions.

Cultivating plants and cultivating Deities are forms of respecting the natural course, practicing a virtue, a spiritual discipline, an ancient knowledge linked to the Ancestors. Acknowledging the living presence of the Deities in Nature, any action of cultivating represents a way to improve and cultivate the individual material and spiritual life. This explains why any activity related to Earth and Nature (i.e. agriculture itself) is considered sacred because fundamentally seen as a rite.

As a good farmer, a modern Cultor, as in the past, practices a conscious attention towards signs and signals coming from Gods/Goddess also as energies of Nature: he/she makes all considered necessary to live in harmony with those energies and forces giving life to reality (Pax Deorum).

Religion and agriculture are thus very similar spheres because both dimensions imply a (re)connection with Nature, her energies, time and rhythms where physical and spiritual elements are (re)joined together.

This living flow is sacralised in several Divine expressions as manifestations of rhythms of life, signs and values coming from a living environment speaking not only a biological and physical language but also a spiritual one.

Today the concept of Colere Deos/Deas is likely to have therefore greater importance: it implies, among others, an opportunity to understand again the language of Nature and the Universe to communicate again with our Mother Earth.

This sound feeling in honouring Nature as expression and manifestation of honouring Deities was broken down by Christianity: according to Augustine of Hippo, Nature is “massa diaboli et perditionis”. Such a view is at the base of the modern de-sacralization of Nature seen as object, a dis-organic mass of inert matter, to be manipulated by science and technology.[1]

As consequence of this, agriculture for example today is a totally de-sacralized activity, just a profane act based only on land exploitation for economic goals. Deprived of its religious meaning, agriculture is often a highly polluting non-sense job: the same can be evidenced in all the human activities deprived of this sacred dimension. Anything is thus polluted at environmental, health and psychological level.

Colere Deos/Deas describes therefore a “rejoining path”, a Via to become again in harmony with the Earth and Nature which today are likely to be completely separated from us by a high wall only partially solved by the illusion of science and technology. When one can feel to be again integral part of the Nature, with no claims to dominate her and consequently to dominate Deities, this wall will disappear and the Nature and the reality around us won’t be no longer sources of anxiety, fear and anger.




[1] Sermonti G. (1982), “L’anima scientifica”, La Finestra, Rome.

Colere Deos/Deas

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Una delle parole più importanti della Religione Tradizionale Romana è certamente il verbo colo (inf. colere) da cui deriva l’esspresione: Colere Deos/Deas. Questa espressione sintetizza un particolare modo di sentire e di vivere, che è ancora molto presente fra i Cultores contemporanei, e descrive la caratteristica di colui/colei dotato di virtus e pietas.

Coltivare gli Dei/Dee è un’opera che richiede un impegno personale costante ed una forza tranquilla: lo strumento principale per alimentare questa forza tranquilla è la pratica della Virtus che è il principio fondamentale per intraprendere la Via e mantenersi sul suo percorso. Una disposizione adeguata dello spirito quindi, che si materializza in riti, cerimoniali ma soprattutto in alcuni valori fondamentali. Innanzitutto la Fides che descrive la reciproca obbligazione religiosa e morale tra l'umanità ed il Divino, e fra tutti gli uomini. La Fides si esprime nella lealtà, fedeltà, onestà negli atti e nelle parole, nella vita pubblica e privata, nella reciproca fiducia e sicurezza. Vi è poi la Constantia ovvero assoluta coerenza e saldezza di principi e propositi. Essa traspare nella quotidianità per mezzo della fermezza e la perseveranza negli atteggiamenti. Quindi deve essere segnalata la Gravitas, una forza tranquilla e sicura di coscienza del proprio valore morale. Si manifesta nella dignitosa compostezza degli atti e delle parole.

E’ importante evidenziare che il verbo colere descrive anche l’atto della coltivazione della Terra, avere cura della coltivazione, seguendo le leggi più intime della Natura. Coltivare la terra e coltivare gli Dei/Dee esprime quindi un rapporto attivo di cura, di opera, di attività basato sulla percezione di leggi immutabili della Natura e dell’Universo di cui fa parte anche l’uomo e la donna, la famiglia, la comunità e lo Stato.

Coltivare le piante nel rispetto delle leggi Naturali e coltivare gli Dei/Dee, come fa il buon contadino, significa esercitare in primo luogo la Virtù, una disciplina dello spirito, la pratica e l’esercizio di un sapere antico che rimanda agli Antenati (mos maiorum). Riconoscendo la presenza del Divino nella Natura, nelle piante e nella pratica della coltivazione e considerando l’agricoltura stessa come dono divino, si riconosce un modo di “coltivare” la vita stessa.

Per questo motivo, come il buon contadino, il Cultor, oggi come in passato, compie tutti quegli atti destinati a vivere in armonia con quelle forze ed energie che riempiono la realtà. “Coltivare gli Dei/Dee”, con gli strumenti della Pietas e della Virtus, significa incamminarsi sulla Via Romana diretta a conseguire la Pax Deorum. Colere Deos/Deas e Colere Agros consentono quindi di realizzare un uomo e una donna con salde radici nella propria terra e nel proprio spirito, nello Spazio e nel Tempo.

Questo approccio spirituale spiega ad esempio perché il lavoro agricolo debba essere considerato un'attività sacra perché è un rito rivelato dal Divino tramite un mito. Lo scopo dell’agricoltura, così come della pratica religiosa, non è quello di ottenere qualcosa, nel senso profano del termine, ma giungere al perfezionamento dell’essere umano perché si mira a nutrire il corpo e lo spirito come entità che si fondono in ciascun individuo. Riallacciarsi agli Dei/Dee è quindi anche sinonimo di riallacciarsi alla Natura, alle sue Energie, ai suoi tempi e ai suoi ritmi: la vita diventa più semplice (sin-plex: senza piega), più “naturale” e quindi più frugale perché la parte fisica e quella spirituale si ricongiungono in pace ed in armonia.

Colere Deos/Deas, Colere Agros quindi descrivono lo stesso concetto: una modalità di approcciarsi al Divino che coincide con quello di approcciarsi alla Terra e alla Natura sulla base, in entrambi i casi, del “rispetto”, della percezione del “limite” ad indicare il nostro giusto posto nell’ordine delle cose.

Non casualmente. da questo verbo derivano quindi i termini cultura e cultus: sono proprio i termini cultus e Cultor che descrivono l’attenzione nei confronti dei segni e delle voci che provengono dagli Dèi, in primo luogo come energie vivificanti la Realtà e la Natura, ma anche come componenti intrinseche dell’essere civis perno centrale della civica, della comunità e dello jus civile.

La percezione di questo flusso vivificante trova molteplici espressioni divine che diventano espressioni sacralizzate di un ritmo vivente, di segni, segnali e valori di una rete in comunicazione continua che parla con un linguaggio biologico e fisico ma anche meta-fisico.

Per questo il concetto di Colere Deos/Deas è oggi un principio religioso di grande importanza perché significa anche tornare a capire il linguaggio della Natura, del Mondo, dell’universo: vuol dire ricreare un linguaggio che permetta di tornare a comunicare con la Terra.


Questo forte legame fra il rendere onore alla Natura come espressione del rendere onore al Divino venne spezzato con il cristianesimo: Agostino definisce la natura “massa diaboli et perditionis” e tale concezione alla base della laicizzazione moderna della natura (1). Tale visione è alla base della moderna de-sacralizzazione della Natura che viene vista solo come oggetto, una massa disorganica di materia inerte, che può essere manipolata dalla scienza e dalla tecnologia.

Senza il suo significato religioso, lo stesso lavoro agricolo diventa profano, squallido e privo di senso e lo stesso accade per tutte le attività umane che vengono svuotate di questo contenuto sacro. Gli effetti di questa privazione li vediamo tutti i giorni sia a livello ambientale che a livello della qualità della salute fisica e psichica dell’umanità.

Coltivare gli Dei/Dee è quindi un percorso di ricongiungimento, una Via, per tornare ad essere una cosa sola con la realtà, la Terra, la Natura che oggi appaiono totalmente separate da noi da un muro insormontabile solo apparentemente risolto con l’illusione della scienza e della tecnologia. Quando si torna ad essere parte della Natura, senza la pretesa di dominarla quindi senza la pretesa di dominare gli Dei/Dee, allora la realtà e la Natura cessano di diventare una fonte di ansia, di paura e di preoccupazione.

(1)
-->Sermonti G. (1982), “L’anima scientifica”, La Finestra, Rome

martedì 9 ottobre 2012

Pomona

During summer we have received and enjoyed a large number and variety of fruits and vegetables from our gardens. Also Autumn, and particulalry October, is a period of harvesting. Just think about the grape harvest or the olive harvest which donate us wine and oil: these products are extremely important also for the Traditional Roman Religion being "Divine Gifts" of the Nature and linked to well defined Goddesses.

This period of harvest must be hence devoted to the sacralization of this fundamental force of the Nature which gives us so many fruits, essential for our life and health. The sacralization of this force is Pomona.

Pomona in the past had a specific Flamen (Flamen Pomonalis) but she has not a fixed festivity but rather a mobile festivity because it depends on the harvest maturation. It is represented, also according to the Ancient Tradition, through a wickler basket of fruits and vegetables.

Pomona is defined as "The Beneficial": she gives protection in particular to the fruit trees. Fruits are thus "Pomona's Gifts". She is linked to Vertumnus representing the sacralization of the seasons' changing and passing.

It's important to remind that the Latin term fructus doesn't mean "fruit", but "reward", "payoff", "benefit".

Fructus is the benefit deriving from the Earth and Nature goods. Fructuosus is what is fertile and fruitful: Pomona gives benefits and consequently fruits.

"Fruit" in Latin is translated with pomum: the fruit tree is translated into pomus.  

I have created, with some fragments of a Homeric Hymn and a Orphic Hymn, this hymn to be used while offering fruits to Pomona in order to receive her benefits. Pomona reminds us also the semplicity and the richness of the Nature and her continuos flowing. Pomona helps us in acquiring this awareness.

Invocation to Pomona


Through You, women and men are blessed in their children
and blessed in their harvests,
To you it belongs to give means of life to mortal women and men 
and to take it away
Happy are the woman and the man you delight to honour! 
You have all things abundantly
and the  vital land is laden with fruits
and our house is filled with good things
bestow upon me for this my song
with beneficial prosperity

For You
With rapid whirl, eternal and divine
the perfect Nature
moves with powerful rhythm 

You Blessed, matures sweet fruits
and with your beneficial spirit
supports fruitful seasons.

Pomona

Durante l'estate abbiamo raccolto e gustato una grande varietà di frutta e verdura dell'orto. Anche l'autunno, ed in particolare il mese di ottobre, è un periodo di raccolta. Basta pensare alla vendemmia che ci darà il vino e alla raccolta delle olive che ci doneranno l'olio: in entrambi i casi si tratta di alimenti particolarmente importanti anche per la stessa Religione Tradizionale Romana in quanto "doni divini" della Natura.

Questo periodo allora deve essere dedicato alla sacralizzazione di quella fondamentale forza della Natura che ci dona così tanti frutti, indispensabili alla nostra vita ed essenziali per la nostra stessa salute. La sacralizzazione di questa forza si ritrova in Pomona.

Pomona, che disponeva di un apposito Flamen (Flamen Pomonalis), non dispone di una festa fissa, ma di una festa mobile perchè dipendeva dalla maturazione dei raccolti. Essa non ha una raffigurazione antropomorfa, ma, anche secondo la tradizione più antica, viene raffigurata come un cesto di vimini pieno di frutti e di verdure. 

Pomona viene definita "la Benefica" e dà protezione in particolare agli alberi da frutto. I frutti sono pertanto un "dono di Pomona". Essa è legata a Vertumno che rappresenta la sacralizzazione del cambiamento delle stagioni.

Bisogna ricordare che il termine latino fructus non significa "frutto", ma "ricompensa", "beneficio" (da cui deriva ad esempio il termine "usufrutto"). Fructus è quindi il beneficio derivante dai beni della Terra e della Natura. Fructuosus è quindi ciò che è fecondo e fertile. Pomona in primo luogo apporta benefici e quindi frutti. 

Frutto il latino si esprime con il termine pomum: l'albero da frutto si chiama pomus.  

Ho costruito, con frammenti di un Inno Omerico e di un Inno Orfico, questo inno da recitare offrendo a Pomona un cesto di frutta affinchè continui a concederci i suoi benefici. Pomona ci ricorda inoltre la semplicità e la ricchezza della Natura e del suo continuo fluire.
Pomona ci aiuta nel recuperare questa consapevolezza.

Invocazione a Pomona

Grazie a te le donne e gli uomini 
hanno prole e buoni raccolti
Tu che hai potere di dare e di togliere
Beato colui che onori con il tuo cuore benigno
Hai in abbondanza ogni cosa
La Terra vitale si carica di frutti
Premia benigna il mio canto
con benefica prosperità

Per Te
il mondo ben costruito
per legge eterna
si muove con ritmo possente

Matura, o Dea beata, i dolcissimi frutti
e con benigno cuore assisti alle stagioni feconde