Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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mercoledì 29 maggio 2019

Il vento del cambiamento


"Io non sopporto tutta questa feccia che è venuta ad affollare le rive del Tevere portando con sé lingua, costumi, flautisti e corde oblique, parrucchieri, tamburi esotici e prostitute… Tutta questa gentaccia viene all’assalto dell’Esquilino o del Viminale: prima conquistano l’anima delle grandi case e poi ne diventano i padroni. Eccoli qui: mente sveglia, audacia sfrontata, lingua pronta. Che credi chi siano? Ognuno di loro ha dentro di sé un uomo tuttofare: grammatico, retore, geometra, pittore, massaggiatore, augure, funambolo, medico, mago: tutto sa fare questo tipetto: digli di volare e lui volerà.

Ed io non dovrei tenermi alla larga dai loro vestiti eleganti? Devo sopportare che firmino prima di me nei contratti o che a tavola abbia il posto migliore uno di costoro portato a Roma dallo stesso vento con le prugne e con i fichi? Non conta proprio più niente che nella nostra infanzia abbiamo respirato l’aria dell’Aventino e ci siamo nutriti di olive sabine? Maledetti adulatori! Sono pronti a lodare il discorso del primo imbecille…

Anche noi Romani siamo capaci di simili cose, ma a loro la gente crede. Sono proprio una nazione di commedianti… Insomma non siamo alla pari: ha troppo vantaggio chi di giorno o di notte è capace di cambiare la faccia secondo quella degli altri, sempre pronto a battere le mani per la gioia o alzare grida di lode… Per di più per costoro non c’è nulla di sacro né che possa dirsi al sicuro delle loro brame.

Non c’è più posto per un Romano quando c’è gente che per vizio congenito non divide nulla con un amico, ma tiene tutto per sé".

(Decimo Giunio Giovenale)

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