Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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mercoledì 6 febbraio 2013

A proposito di Divinità

Tempo fa ho avuto uno scambio di email con un blogger americano che si interessa di paganesimo (in una declinazione molto naturalistica). Uno dei concetti che tentavo di spiegare era quello secondo il quale gli Dei e le Dee sono delle forme "super-esistenziali" dell'essere. Poichè in quella occasione non sono riuscito a spiegare l'essenza di questo principio così fondamentale per la Religione Tradizionale Romana (dato che alla fine è l'oggetto centrale del culto) vorrei in questa sede dedicare un po' di spazio e di tempo per approfondire questo concetto.

Cercherò di essere sintetico anche se bisogna partire da un po' lontano e non bisogna mai dimenticare che abbracciare la Religione Tradizionale Romana non significa nè fare politica nè ricostruzioni carnevalesche nè ispirarsi in modo integralista ad un passato che non potrà mai più essere ricostruito nella sua esatta forma; si tratta semmai di attingere ad un grande patrimonio spirituale e culturale per interpretare e vivere il Mondo così com'è oggi con la sua realtà che ci piaccia o meno.

Quando dico che bisogna partire da lontano intendo dire che il Mondo, la Natura, l'Universo non sono  sempre stati visti, vissuti e considerati come oggi. La nostra visione contemporanea della realtà non è nè universale nè eterna. In passato tutto questo era percepito infatti in modalità completamente diverse e con significati completamente diversi. Il primo "strappo" alla visione tradizionale è stato inflitto dall'imposizione del monoteismo che di fatto ha spostato la dimensione divina ed il senso dell'esistenza "altrove": di certo non su questa Terra e non in questo Tempo. Dio è altrove, la vera vita è altrove, tutto ciò che ha un vero valore è altrove. Questo ha svuotato di "divino" e di significato il Mondo, la Natura, la vita stessa che sono diventati solo dei contenitori indegni rispetto a ciò che è "altrove".

Questo svuotamento, che ha reso la realtà solo "materia grezza", ha spianato la strada alla visione scientifica della realtà ove tutto è "fenomeno" che può essere scomposto nei suoi minimi termini ed espresso in numeri. Un albero, una mucca, un essere umano, una galassia, la psiche sono aggregati di elementi che producono fenomeni che possono essere analizzati singolarmente e descritti attraverso una formula. Ciò che non può essere espresso attraverso una formula chimico-fisica di fatto non esiste. La società tecnologica contemporanea ha poi convogliato tutto questo nella creazione di "oggetti": tutto può essere descritto come un oggetto che può essere progettato, costruito, messo in commercio, acquistato, usato e, soprattutto, buttato via.

Come scrivevo più sopra, non è sempre stato così e il grande retaggio della Religione Tradizionale Romana ci può aiutare a tornare a vedere il mondo e la realtà non solo come "fenomeni chimico-fisici" o, peggio come "oggetti", ma come esperienze di una diversa dimensione oggettiva di questa stessa realtà.

La possibilità di far nascere in sè stessi una nuova e diversa percezione del mondo implica la possibilità di vivere e di agire in uno spazio, in un tempo, in una dimensione qualitativamente diversa da quelli convenzionali dell'umanità profana. E' come se davanti a noi, nel corso del tempo, si fosse creata una nebbia sempre più fitta che ci impedisce di vedere il mondo così com'è: in pratica vediamo solo vaghe ombre e l'umanità oggi si dibatte confusamente dentro questo fitto banco di nebbia fatto di sola matierialità ed esteriorità priva di valori sacrali e simbolici. Oggi un universo di cose e di oggetti ci ingannano continuamente.

La Religione Tradizionale Romana è una Via per riattivare la percezione "vivente" della realtà. Riattivare la propria "attenzione", il proprio "stato di veglia", la propria "consapevolezza" è il primo passo necessario per attivare la percezione:  si tratta cioè della capacità di avvertire in determinati fenomeni, condizioni o situazioni la presenza di un potere immateriale, un ente, il "numen". Il numen è infatti una forza nuda, senza nome che esprime un "potere". Il pensiero di riferimento è: "Ti sento. So che ci sei."

Da qui si sviluppa la capacità di identificazione ovvero (grazie al retaggio tradizionale romano che funge da "vocabolario", da "bussola" per decodificare, per orientare) la capacità di superare la mera percezione e di stabilire chi sono queste forze e questi poteri. La Religione Tradizionale Romana ci fornisce in pratica uno dei possibili linguaggi per esprimere e descrivere queste forze e questi poteri. In sostanza si passa dal presentimento di forze dall'esteriorità, alla interiorizzazione di queste forze nel nostro Io. Il pensiero di riferimento è: "So chi sei. Ti riconosco."

In questa fase hanno un ruolo importante i riti poichè si supera la mera esteriorità naturale di queste forze e si associano questi poteri a simboli, segni, formule, a figure divine. E quando si parla di simboli non si tratta di "segni profani", ma modalità di rappresentazione del significato più profondo delle cose, delle forme più complesse assunte dal Divino. Ciò avviene per "facilitare" la percezione dei significati di queste forze corrispondenti a fenomeni, situazioni o condizioni del mondo, della natura, della realtà. Il pensiero di riferimento è: "So come ti puoi manifestare. Conosco il tuo potere."

La figura stessa della Divinità può assumere quindi il ruolo di strumento di materializzazione dell'immaginazione sacra (forma sacra del gesto). Queste figurazioni possono divenire il mezzo per proiettare una Forza che viene invocata, che viene "chiamata" e che successivamente viene "congedata". Il pensiero di riferimento è: "Illumina".

Tutto questo è finalizzato all'"esperienza" di un potere divino la cui esteriorità e materialità viene completamente rimossa, un'esperienza che può essere estesa a tutti i momenti della nostra esistenza. 

Ciò conduce ad una vera e propria rivoluzione nella scala dei valori della persona: la materialità e l'esteriorità perdono di valore in favore dell'"essenziale" (riusciamo a percepire la vera essenza ed il vero valore delle cose?). Non si tratta di una semplice visione "animistica" della realtà, ma di acquisire una continua percezione "sottile" e tranquilla di quelle forze e di quei poteri  (super-esistenziali) che ci circondano e con cui dobbiamo tornare ad impare a convivere: per la nostra salute fisica ed il nostro equilibrio mentale.

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